Quarantacinque anni fa si compiva il pellegrinaggio terreno di Francisco Franco Bahamonde (1892-1975). In un altro tempo, la Chiesa avrebbe da tempo iniziato il processo di beatificazione d'un uomo che, proclamando e guidando con fede ardente, eroismo e sagacia militare, la cruzada nacional anticomunista, le ha garantito la sopravvivenza storica (cfr. il mio Difesero la fede, fermarono il comunismo). Per capirci: questa presenza storica è praticamente scomparsa, e con essa fede e missione cristiane, nei luoghi d'origine dei suoi padri. E quanto essa sia importante lo dice il tratto paolino fides ex auditu (Rm 10,17). Cioè la fede dipende dalla predicazione - che a sua volta dipende dalla agibilità storica della Chiesa -, e senza la fede non si può piacere a Dio (Eb 11,6). Invece di beatificarlo, o almeno onorarne la memoria, dopo averlo contrastato in vita preferendogli addirittura terroristi comunisti, anarchici, etarras, oggi troppi uomini di Chiesa - e non solo chierici - se non hanno dannato la sua memoria, lo hanno dimenticato e ignorato, e purtroppo si sono anche fatti complici della postuma vendetta socialcomunista, non vietando - l'unica eroica opposizione nota è stata del priore Santiago Cantera - l'esumazione delle sue spoglie mortali dall'abbazia della Santa Cruz, meglio nota come Valle de los caìdos, cioè la profanazione della salma, espulsa con la forza di stato dal suo avello.