1. Il 1978 fu un anno speciale nella storia della Chiesa e nella storia d’Italia, quindi nella storia universale, anche in considerazione del carattere esemplare delle vicende della nostra patria, non da ultimo perché sede della Cattedra di Pietro.
1.1. L’elezione, appunto il 16 ottobre 1978, d’un Papa non italiano dopo quattrocentocinquantacinque anni (Adriano VI, olandese, 1522-23). Un Papa, per giunta, ch’era suddito dell’impero socialcomunista sovietico – viveva ed esercitava il suo ministero di vescovo in
partibus infidelium, nel senso del sistema e del potere –, epperò in una terra speciale, la Polonia, punto di resistenza per la sua indomabile fedeltà alla Chiesa di Cristo, cattolica nel proprio midollo, nonostante gli sforzi secolarizzatori del regime comunista, che certo alla lunga i loro effetti li hanno avuti, ma molto meno che altrove.
1.2. Karol Wojtyła è chiamato dalla Provvidenza a guidare una Chiesa, nella sua componente umana, in ritirata, complessata, sempre più silenziosa e silenziata, attraversata dal dubbio e da una crisi dottrinale e pastorale assai grave, manifestata dalla cosiddetta scelta religiosa. Questa chiedeva al laicato cristiano di rinunciare, in quanto tale, alla presenza pubblica, perché essa avrebbe comportato divisioni, polemiche, una pretesa ideologizzazione del messaggio evangelico, dimenticando così che lo stesso Gesù aveva detto di sé che avrebbe portato divisione e non pace, e soprattutto mettendo da parte la regalità anche sociale di Cristo, ben ricordata al mondo intero dall’enciclica Quas primas di Pio XI, dell’11 dicembre 1925, che fra l’altro istituisce la solennità di Cristo Re. E infatti, nemmeno tre anni dopo l’inizio del suo pontificato, il Papa santo dovette amaramente dire che
«Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi, si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata; si sono propalate vere e proprie eresie, in campo dogmatico e morale, creando dubbi, confusioni, ribellioni, si è manomessa anche la Liturgia; immersi nel “relativismo” intellettuale e morale e perciò nel permissivismo, i cristiani sono tentati dall’ateismo, dall’agnosticismo, dall’illuminismo vagamente moralistico, da un cristianesimo sociologico, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva. […] Oggi bisogna aver pazienza, e ricominciare tutto da capo, dai “preamboli della fede” fino ai “novissimi”, con esposizione chiara, documentata, soddisfacente» (Discorso Al Convegno nazionale “Missioni al popolo per gli anni 80”, 6 febbraio 1981).