martedì 12 gennaio 2021

Intervista all'avv. Giovanni Formicola sulla figura e l'opera di Giovanni Cantoni

La Comunità Opzione Benedetto con la collaborazione dell’Associazione Tradizione, Famiglia e Proprietà ha organizzato per il prossimo 16 gennaio un incontro per commemorare la figura di Giovanni Cantoni nella ricorrenza del primo anniversario della Sua scomparsa, avvenuta il 18 gennaio 2020. Cogliamo l’occasione per porre alcune domande all’avv. Giovanni Formicola, “animatore” della Comunità Opzione Benedetto.

 

Innanzitutto, chi è stato Giovanni Cantoni?

Ci vorrebbe un volumetto per rispondere in modo completo. Diciamo allora che fu un fondatore carismatico, per lungo tempo più di una comunità che di un'associazione, come pure definiva e si diceva Alleanza Cattolica (AC). Fondò anche, diresse e compose per anni da solo una rivista, Cristianità, organo ufficiale di AC, che se un giorno sarà scritta una storia dell’editoria cattolica, sarà segnalata quanto meno come quella con il minor numero di refusi dell’era pre-digitale. Naturalmente, ben altre sono le sue qualità e ricchezza di contenuti, e comunque fa impressione, sfogliandone un fascicolo, che venisse composta a mano da un solo uomo, quando le citazioni potevano essere controllate solo in biblioteca e trascritte senza copia & incolla. Fu educatore iniziatore alla fede cattolica, e ad una fede che diventa cultura - cioè mentalità (lui diceva "giro mentale") più che erudizione - come voleva san Giovanni Paolo II. Liberò dal complesso rivoluzionario numerose generazioni che, pur nutrendo e manifestando idee e sensibilità alternative, rimanevano a causa di quello imprigionate nella dialettica di Rivoluzioni di segno contrario, come quella “fascismo-antifascismo (fondamentale, a mio avviso, la sua lettura del fascismo nel prezioso saggio introduttivo a Rivoluzione e Contro-Rivoluzione dell’1 maggio 1972). Nello scontro allora dominante con il comunismo, Giovanni Cantoni si sforzò di portare l'anti-comunismo ad un livello superiore di consapevolezza – diceva dall’anti-comunismo viscerale all’anti-comunismo dottrinale, e ne faceva tema dei Seminari di Formazione anti-comunista, SEFAC –, che impedisse fosse fuorviato da false prospettive dottrinali (parlava di "falsa destra"), come quelle social-nazionale e nazional-rivoluzionaria, che generano ovviamente errori operativi. Così il lemma Contro-Rivoluzione fu liberato, per tanti, dall'aura bieca che l'egemonia rivoluzionaria gli aveva imposta, affinché chi istintivamente si opponesse ad essa rimanesse inavvertitamente nel suo campo, soltanto illudendosi di combattere i mali storici, e le relative profonde sofferenze, da essa provocati.

Fu anche grande promotore e divulgatore culturale, "importatore" in Italia di autori di straordinario talento e fonti di autentica luce culturale, prima noti solo a pochi super-specialisti. Il brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira, e il suo decisivo Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, anzitutto. Poi, lo storico svizzero Gonzague de Reynold, il filosofo argentino Alberto Caturelli, il formidabile scrittore d’aforismi colombiano Nicolás Gómez Dávila, tra altri. I tre iberoamericani protagonisti d'un ideale quinto viaggio di Colombo, come amava dire, in un quadro di Magna Europa, altra sua geniale intuizione alla scuola di Henri Brugmans.
 
Potrei proseguire, ma devo fermarmi. Non senza aver prima ricordato che, per quel che mi riguarda, fu maestro di vita, prim’ancora che di Contro-Rivoluzione. In quanto questa era intesa come impegno d'un'esistenza, tesa attraverso di essa alla santità (e questo basta e avanza, al di là dell’esito storico, di suo problematico nei tempi brevi). Impegno dunque esistenziale, e non solo settoriale, cioè legato all’attività di associazioni, movimenti, etc.. Contro-rivoluzionario a tempo pieno, e questo mi sforzo ancora d'essere. 

 
Cantoni viene definito come la guida della Contro-Rivoluzione in Italia. Può spiegare cos’è la Contro-Rivoluzione? 

Il contrario della Rivoluzione. S'impone ovviamente a questo punto una descrizione/definizione di questa. «Se, strappando la maschera alla Rivoluzione, le domandate: Chi sei?, vi dirà: “Non sono quello che si crede. Molti parlano di me ma ben pochi mi conoscono. Non sono né il carbonarismo che cospira nell’ombra né il moto che tuona per le strade, né il cambiamento dalla monarchia alla repubblica né la sostituzione di una dinastia a un’altra, né la turbativa momentanea dell’ordine pubblico. Non sono né le urla dei Giacobini né il furore della Montagna, né il combattimento delle barricate, né il saccheggio, né l’incendio, né la riforma agraria, né la ghigliottina né le noyade [annegamenti di preti detti refrattari e contro-rivoluzionari nella Loira da parte delle “truppe infernali”, spedite a reprimere senza pietà, con tecniche da genocidio, l’insorgenza contro-rivoluzionaria vandeana e delle altre province del Nord-Ovest francese]. Non sono né Marat, né Robespierre, né Babeuf, né Mazzini, né Kossuth. Questi uomini sono i miei figli, non sono me. Queste cose sono le mie opere, non sono me. Questi uomini e queste cose sono fatti passeggeri: ma io sono uno stato permanente. Io sono l’odio di ogni ordine religioso e sociale che l’uomo non ha stabilito lui e nel quale non è re e Dio insieme. Io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo contro i diritti di Dio. Io sono la fondazione di uno stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo al posto della volontà di Dio. Io sono Dio detronizzato e l’uomo al suo posto. Ecco perché mi chiamo Rivoluzione, che significa rovesciamento”». Devo questo testo di monsignor Jean Joseph Gaume - certo un po' datato, ma l'essenziale c'è tutto -, che non conoscevo, al dr. Renzo Puccetti e al caro amico Francesco Barachini. La Rivoluzione, che si dice tale e così è denominata nella sua realtà dal magistero dei romani pontefici, dunque, ha un’essenza e plurali manifestazioni. Essa è un processo plurisecolare – e così dev’essere la Contro-Rivoluzione: un processo; la proposta d’una soluzione rapida già non è contro-rivoluzionaria –, che ha i suoi prodromi tra il XIV e il XV secolo con l’umanesimo che dall’antropocentrismo tende a diventare anti-cristico, inizia nel XVI secolo, e si articola in quattro fasi o tappe – il cui dinamismo anche inerziale rende illusorio pensare di fermarlo a una di esse –, ognuna delle quali appetisce la successiva, che contiene in nuce. Tappa religiosa – il protestantesimo; socio-politica – la Rivoluzione in Francia; socio-economica – il socialismo, in tutte le sue declinazioni, comunista, nazionale, democratica; socio-antropologica – il Sessantotto, che tocca più di tutte la cultura e la mentalità ed è perciò Rivoluzione culturale, il cui prologo elitario è proprio quell’umanesimo antropocentrico di cui dicevo. È un fenomeno che riguarda l’Occidente cristianizzato, quello che fu Cristianità, anche oltre gli oceani (appunto Magna Europa, che ripete su scala planetaria quella che fu su scala mediterranea la Magna Grecia). Altri mondi e altre culture hanno le loro peculiari grane, sebbene l’eurocentrismo (un fatto, non un’ideologia) li abbia abbondantemente contaminati del male rivoluzionario, ancorché in modo peculiare. La Cristianità o civiltà cristiana – spregiativamente detta Medio Evo, per dire un puro lasso temporale, senza qualità – è l’esito, dopo l’Incarnazione, della Prima Evangelizzazione, che incarna, secondo la sua natura, il messaggio di Cristo non solo nelle anime, ma anche in mentalità e costumi, che organicamente portano a leggi, istituzioni, letteratura, arte, architettura, panorami urbani, che tutt’ora sono parti integranti ed alte della cultura, della bellezza, della sapienza occidentali (e perciò sono aggrediti anche nelle loro espressioni materiali dai rivoluzionari contemporanei). Prende così forma una società, una civiltà cristocentriche, sottomesse intenzionalmente alla Sua regalità, a Cristo Re. Contro di essa si svolge la Rivoluzione, che muove da una tendenziale insofferenza verso la sua disciplina, e poi si articola in idee e fatti, che connotano le fasi sopra elencate, ovviamente in modo non meccanico e non geometricamente descrivibile, ma come dominante. Oggi dominanti, senza che le altre sia scomparse, sono la fase socialista – nemica della proprietà della libertà socio-economica –, e quella antropologica-culturale – che si spinge fino al tentativo di assoggettare e determinare la natura umana dai suoi fondamenti: identità sessuale, matrimonio, famiglia e quindi procreazione, nascere, morire. Quello che è evidente, comunque, è che la Rivoluzione essendo un moto di ribellione sociale contro Dio Creatore e Legislatore si riverbera contro l’uomo e la sua natura, e la pretesa di cambiare la natura di qualcosa si attua solo distruggendola. Quindi la Rivoluzione mente, negando la natura, ed uccide, provando ad attuare questa sua negazione, sia materialmente che moralmente. E non se ne esce con Rivoluzioni di segno contrario – come fu l’anti-comunismo nazional-socialista, o come può essere il libertinismo sessantottino opposto alla grigia oppressione sovietica –, che rimangono nel campo rivoluzionario e quindi ne generano di nuovo i guasti, come il serpente rigenera la sua pelle, ma solo con la Contro-Rivoluzione, che si pone come alternativa radicale al suo principio, in tutti i domini in cui opera la Rivoluzione. Il contrario di essa, appunto. La Rivoluzione è il disordine per eccellenza, in quanto è rifiuto di Dio e del suo piano; la Contro-Rivoluzione lavora per l’ordine per eccellenza, cioè per l’obbedienza a Dio e la disposizione di tutte le cose secondo la sua volontà, a cominciare dal riconoscimento della sua regalità, anche sociale.

Quindi cosa differenzia un contro-rivoluzionario da un reazionario?

Le terminologie hanno sempre un che di convenzionale, ma anche una componente ch’è consequentia rerum. Rivoluzione – la cosa la chiamano così i suoi attori, e non c’è motivo per smentirli, e il termine nello stesso senso lo recepisce per ben oltre un secolo il Magistero della Chiesa – dice certamente sconvolgimento, disordine, rovesciamento. Ma, allora, un’insorgenza, anche armata, contro un potere rivoluzionario – come quella cristera in Messico, o franchista (in realtà una Cruzada) in Spagna – potrebbe essere assimilata a un fatto di Rivoluzione. Epperò mons. Gaume ci ha poc’anzi ricordato che Rivoluzione è un contenuto, non un modo. E il suo contenuto è nel rifiuto di Cristo e del cristianesimo, in ultima analisi del Dio vero, nella storia, costruendo una società contro di Lui, quindi contro l’uomo. Il mondo voluto dalla Rivoluzione è fondato sull’anti-decalogo, là dove la civiltà cristiana si basa sul decalogo. Il che ovviamente non significa, nell’eone del peccato originale, la sua effettiva osservanza sempre, dovunque e da tutti, bensì solo l’intentio egemone in un popolo, che non smette di peccare, ma non chiama atto eroico o virtù il peccato. Tuttavia, rivoluzione è anche un termine tecnico, che dice moto di ritorno al punto di partenza intorno a un centro, e in questo senso l’uso che ne facciamo è consequentia rei. Infatti, se il centro è Cristo – cui la Rivoluzione è subalterna, nella misura in cui esiste in funzione del rifiuto di Lui –, il punto di partenza è la realtà dell’uomo e dell’umana convivenza prima dell’Incarnazione e della conseguente civilizzazione cristiana. Politeismo, cioè relativismo delle religioni create dall’uomo ch’è dunque il vero dio, relativismo morale, aborto e infanticidio, selezione eugenetica (post-natale, in mancanza di strumenti per una diagnosi pre-natale), eutanasia, divorzio e adulterio, sodomia, travestitismo, orge bisessuali, erano tutte condotte legittimate e diffuse (deprecate solo da parte di pochi spiriti eletti, che testimoniano l’innaturalità di esse), cui facevano da corredo massificazione urbana, centralizzazione politica ed economica, tassazione elevata, denatalità. La Rivoluzione, se è un processo per un mondo senza e contro Cristo, è un itinerario verso il mondo com’era prima di Cristo: un ritorno indietro, al punto di partenza, altro che progresso. Il contro-rivoluzionario coglie l’unità e la globalità del processo, e vi si oppone integralmente, dal principio: l’affermazione di Dio, l’obbedienza a Lui e il riconoscimento dei suoi diritti. Il reazionario – detto sempre in modo convenzionale, ma non senza fondamento nelle cose – è colui che reagisce ad uno o più di uno dei mali causati dalla Rivoluzione, per esempio la povertà e l’asservimento derivanti dalla confisca totale o parziale della proprietà e della libertà economica, ma non ha la visione globale, non è consapevole del fenomeno nella sua intierezza. Il che non esclude la nobiltà di tale reazione, che ricorda quella degli anticorpi d’un organismo minacciato da un morbo, che però non sempre è terapia radicale. Il reazionario è il miglior alleato del contro-rivoluzionario, e spesso i termini sono usati come sinonimi. Va anche detto che reazionario è termine usato in modo balistico, per così dire. Con esso si vorrebbe intimidire l’interlocutore, che si vergogna di tale appellativo, essendo stati nobilitati quelli di rivoluzionario e progressista. Però mi sembra d’aver dimostrato, da un lato, che Rivoluzione e progressismo corrano precipitosamente all’indietro, avendo ripristinato la socializzazione di vizi e di mali che la civiltà cristiana, se non debellati del tutto, aveva certo coperti di cattiva fama, e quindi nel senso comune erano diventati almeno cose di cui vergognarsi, da non ostentare e men che meno propagandare e propugnare come conquiste di civiltà, diritti umani. Dall’altro, che se non v’è reazione ad un morbo, il corpo muore, e così il corpo sociale. Ancorché d’una “morte” peculiare, che non esclude una rinascita, il cui nome corretto può essere restaurazione. La natura morbosa del processo rivoluzionario, peraltro, è ormai dimostrata dai fatti, dai fiumi di sangue che ha versato e soprattutto dalla perdita dell’humanum che ha causato, di cui siamo sgomenti spettatori e vittime. Sicché la reazione ad esso è, come si dice, cosa buona e giusta, e compito d’un’avanguardia contro-rivoluzionaria e renderla consapevole in modo globale, per evitare l’illusione di combattere la Rivoluzione attestandosi in difesa d’una sua fase anteriore.

 
Può esistere una Contro-Rivoluzione al di fuori dell’àmbito cattolico?

Per quanto detto, la risposta è no. Se la Rivoluzione è anti-cristiana (cioè anti-cattolica, sin dalla sua prima fase protestantica, Rivoluzione religiosa) nella sua essenza, la Contro-Rivoluzione vero nomine può essere solo cattolica. Ciò non esclude che si possa alleare congiunturalmente con reazionari non cattolici, ma avendo cura sempre di sottolineare le differenze dottrinali.


Una domanda sull’attualità. Molti hanno visto in Donald Trump un argine al dilagare della Rivoluzione. Come può essere classificata la sua figura?

Mentirei se dicessi che mi piace la sua pettinatura, che apprezzo il suo stile, etc. Ma, se mi consente di esprimermi così, chi se ne importa. Non siamo al cospetto d’una parata di eserciti contrapposti, ma nel cuore di una battaglia al calor bianco, certo poco o punto cruenta – la Rivoluzione incruenta è la più efficace e la più difficile da contrastare –, e lui ha tirato, se così si può dire, sempre, ma proprio sempre, nella direzione giusta. Sia per quel che concerne i principi che fondano e reggono ogni umana civiltà, sintetizzabili nelle formule “Dio Patria Famiglia” e “Tradizione Famiglia Proprietà”, sia per quel che concerne le specifiche scelte geopolitiche, a cominciare dal contrasto alla Cina comunista. Perciò non poteva vincere, anche se in realtà ha vinto. E allora giù con brogli, aggressione mediatica, e complicità giudiziaria, anche da parte dei giudici “buoni”. Questo dimostra quanto sia potente la Rivoluzione anti-cristiana, e quanto siano fuori strada i perbenisti, moralisti e istituzionalisti, affetti dalla malattia senile d’ogni destra (posto che la Rivoluzione si dice sinistra, e questo le vale in tutti i sensi), il moderatismo, che oggi s’è scagliato contro Trump, senza capire che l’alternativa a lui è una delle peggiori incarnazioni del male storico: i mandanti della coppia Biden-Harris. Però, se ciò nonostante c’è stato un Trump, un kat’echon oggettivo – e penso che il fatto che adesso se ne tenti la damnatio memoriae, in stile romanistico, dimostri che fosse tra i pochi buoni del nostro tempo –, non è impossibile che ve ne sia un altro. Magari meglio formato, e cattolico. 

 
Per concludere, come può continuare l'opera di Giovanni Cantoni nei tempi in cui viviamo?

La Rivoluzione è eco nella storia del non serviam luciferino, cioè, come disse qualcuno, è satanica nel suo principio e nel suo spirito, ch’è disobbedienza a Dio. La Contro-Rivoluzione non potrà ch’essere angelica, cioè principiare dall’incondizionata obbedienza a Dio, cioè a Gesù che lo ha rivelato, allo Spirito che continua e rivelarlo e a santificare con i mezzi della grazia – i sacramenti e soprattutto la santa Messa, sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore – e l’insegnamento che disveli la Verità tutta intera attraverso la sua Chiesa. Che continua la presenza di Cristo, di cui è il Corpo Mistico, nella storia. Sacramento di salvezza, la Chiesa, non certo fattore di civiltà, se non in modo secondario, cioè la civiltà come effetto dell’accoglienza da parte degli uomini della sua maternità e magistero. Madre e maestra, colonna e fondamento della verità, che gli uomini, prendendola sul serio, trasformeranno in civiltà, che non è il paradiso in terra, ma una condizione storica che aiuta a raggiungerlo, assicurando alla Chiesa – non meramente agli uomini di Chiesa – non solo libertà, ma anche e soprattutto un consentito (non imposto) ruolo privilegiato nella dinamica sociale. Giovanni Cantoni, senza risparmiarsi un’ora sola, s’è impegnato a formare formatori, a mettere a loro disposizione anzitutto gli strumenti spirituali – la prima opera restauratoria da parte sua è stata quella di non tenere mai separati preghiera, studio e attività, ch’è il paradigma d’ogni possibile civiltà cristiana –, poi quelli culturali e operativi, affinché si guadagnasse consenso al messaggio di Cristo e a tutte le sue implicazioni nell’ordine dell’umana civilizzazione, come avvenne al tempo della prima evangelizzazione (con la non piccola differenza che allora il cristianesimo, per quanto avversato, era un novum, era sconosciuto, oggi è quel ch’è stato combattuto e rifiutato). E poi liberare il principio angelico, che proprio come un uccellino uscito dalla gabbia andrà a posarsi dove vuole. Ecco, noi ci sforziamo con i mezzi che abbiamo e tenendo conto di tutti mutamenti intervenuti – che però sono come gli abiti che indossiamo: risentono del clima esterno, ma sempre due gambe e due braccia prevedono –, di continuare ogni giorno, a formarci e formare formatori, con il massimo rigore dottrinale, senza nulla tacere, per combattere la Rivoluzione nella battaglia di oggi, la battaglia dello spirito e delle idee, che nel XXI secolo riguarda sempre più la famiglia come Dio l’ha voluta e la vuole, ma non solo. Compiamo ogni giorno l’opera, per quanto piccoli siano i gesti che saremo in grado di fare. Una battaglia contro la Rivoluzione tutta intera, anche quella nella Chiesa, opportune et importune, senza reticenze e auto-censure. Preghiamo per non venir meno in questo impegno per la civiltà cristiana, cioè per la Contro-Rivoluzione come mezzo al fine. Sapendo sempre che la Gerusalemme celeste scenderà dal Cielo e non salirà dalla terra per lo sforzo degli uomini, figuriamoci il nostro, e che a noi non tocca realizzare la giustizia, ma agire con giustizia, come disse il compianto cardinal Caffarra, in Christo.
 
Per un iniziale approfondimento consiglio la lettura – meglio, lo studio guidato in piccoli gruppi, e siamo a disposizione per questo – di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.

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