martedì 29 gennaio 2019

Dobbiamo imparare a discriminare, cioè a ragionare con la nostra testa

Parla Giancarlo Ricci, lo psicanalista processato dall'ordine professionale della Lombardia per aver detto che i bimbi hanno bisogno di papà e mamma. «Oggi siamo liberi di fare tutto, ma abbiamo perso il pensiero critico»

Di Giancarlo Ricci il nostro giornale ha parlato spesso, nei mesi passati. Abbiamo parlato dei volumi - molto interessanti - che ha pubblicato. Ma soprattutto ci siamo dovuti occupare di una brutta storia che lo riguarda. Lo psicanalista milanese è stato colpito da un procedimento disciplinare dal'Ordine degli psicologi della Lombardia per aver parlato della funzione essenziale di padre e madre nella crescita del bambino. Una faccenda allucinante, che ora Ricci ha deciso di ricostruire in un bel libro intitolato Il tempo della postlibertà. Destino e e responsabilità in psicanalisi, in uscita per Sugarco.

«La mia vicenda con l'Ordine degli psicologi risale al gennaio  del 2016 », ci racconta Ricci. «Sono stato invitato a partecipare al programma di Paolo Del Debbio, Dalla vostra parte, si parlava di un insulto omofobo su un campo di calcio. Eravamo nelle settimane e nei mesi precedenti l’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili. Ogni giorno sui media, a gettito continuo, venivano diffusi pareri, confronti e dibattiti su tematiche relative all'argomento. Ricordo che la trasmissione è durata 45 minuti e io ho parlato per circa 3 minuti e mezzo. Tanto è bastato perché qualcuno ravvisasse violazioni del codice deontologico. A rivolgersi all'Ordine, ovviamente, sono stati professionisti vicini ai movimenti gay e Lgbt»

Che cosa ha detto di così terribile in quei pochi minuti di intervento? «I punti che mi hanno contestato erano tre. Il primo riguardava le cosiddette terapie riparative. A un certo punto del programma hanno parlato della terapia riparativa di Joseph Nicolosi, ma in modo molto confuso e ideologico, mescolandola ad altri percorsi di fede. Io sull'argomento non sono intervenuto, quando mi è stato chiesto un parere ho detto di ritenere "arbitrarie" alcune affermazioni fatte durante la puntata. Per questo sono stato accusato di essere un sostenitore delle terapie riparative».

Veniamo al secondo punto che le hanno contestato. «Durante il programma ho detto questa frase: "L'ideologia gender, che è questo sistema composto da vari assemblaggi relativi a una certa concezione della sessualità secondo cui tutto è permesso, tutto è possibile e secondo cui l'omosessualità viene equiparata a una sessualità naturale, all'eterosessualità... in termini psichici non è affatto così". Insomma, ho detto che, in termini psichici, l'eterosessualità e l'omosessualità sono diverse. Del resto, se così non fosse, non ci sarebbe bisogno di chiamare le due cose in modo diverso».

Il terzo punto? «Questo è il più assurdo. Durante la trasmissione ho detto che la funzione di padre e di madre è essenziale e costitutiva del percorso di crescita del figlio. Per queste parole sono stato accusato di avere discriminato le famiglie arcobaleno. Insomma, mi hanno rimproverato di aver detto cose che non ho detto, hanno preso le mie parole rovesciandone il senso, mi hanno accusato di non essere preparato a livello scientifico. Hanno sostenuto perfino che, in un contesto pubblico in cui rappresentavo la categoria professionale, ho tenuto un comportamento contrario al decoro. E per quale motivo? Perché ero in giacca e cravatta e non urlavo?».

Per questi motivi l'Ordine degli psicologi della Lombardia ha aperto un procedimento contro di lei? «Mi sembra davvero assurdo. Il compito di un ordine professionale dovrebbe essere quello di tutelare i propri iscritti, di sostenere la ricerca nel rispetto delle differenze, non quello di imporre un pensiero unico…».

Come si è risolta questa storia? «Non si è ancora risolta. Dopo tre anni sto ancora aspettando un verdetto. Il 17 gennaio c'è stata l'ultima udienza, mi hanno detto che si sarebbero ritirati in camera di consiglio e mi avrebbero fatto sapere. Non ho avuto notizie. Chissà, forse sono ancora chiusi in una stanza a discutere...».

Che cosa rischia? «Rischio di subire un provvedimento che l'Ordine ha preso già due o tre volte in passato. Cioè rischio di essere sospeso dalla attività professionale per due o tre mesi o anche per un anno. Se accadesse sarebbe molto grave, ma più per l'Ordine che per me, perché confermerebbe l'esistenza di una visione ideologica che impedisce la libertà di pensiero».

L'hanno accusata di avere «discriminato» le coppie arcobaleno. Nel suo libro ci sono riflessioni interessanti sul concetto di discriminazione. «Questa parola oggi viene usata dappertutto. In nome della lotta per l'eguaglianza e la giustizia si è aperta la caccia alla discriminazione, cioè al discrimine, al punto di separazione tra legittimo e illegittimo, tra giusto e ingiusto, tra equità e sopraffazione. Il termine discriminazione, per i latini, indicava il discernimento, la scelta, la valutazione. La discriminazione era, e dovrebbe essere, un esercizio indispensabile dell'intelletto e della ragione. Oggi è come se si fosse affermata una ragioneria delle discriminazioni che, in nome dell'uguaglianza e delle "pari opportunità", assegna burocraticamente sanzioni, privilegi, condanne e assensi».

Già, nell'era del politicamente corretto c'è un'attenzione quasi patologica verso le presunte «categorie discriminate». «La discriminazione si è tradotta in una paralisi del giudizio. Nel tempo del neoliberismo tutto è permesso, tutto è possibile, vengono offerte tutte le libertà. Il risultato, però, è che a un certo punto la libertà implode. Per questo il mio libro si apre con una frase di Karl Kraus: "La libertà di pensiero ce l'abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero". Oggi manca il pensiero. Manca la discriminazione, manca il discernimento».

Restiamo sul libro. Che cos'è la «postlibertà»?
«Va di pari passo con un concetto oggi molto in voga, ovvero la post verità. Viene utilizzato per dire che tutto cambia, quindi la verità non ci serve più. Ma è un errore fatale. Lo stesso vale per la libertà: il regime neoliberista assicura generosamente che siamo liberi, talmente liberi da poter fare a meno della libertà. Sarà la governance globale, con il suo volto impersonale, a gestire, indirizzare e manipolare in modo asettico e anestetico. L'uomo ipermoderno intanto può godere i suoi diritti in piena libertà, può vivere nel benessere assicurato dal tempo della postlibertà, a condizione di rinunciare alla propria soggettività».

Sembra che esprimere valutazioni critiche sul mondo arcobaleno sia sempre più difficile.
«Le politiche omosessualiste e gender sono sostenute dal regime neoliberista, a cui fa comodo che l'uomo sia atomizzato e spersonalizzato in un'identità fluida e indefinita. È vero però che anche i sostenitori dei diritti Lgbt si stanno accorgendo che la gente non è sempre così disposta a soste nere le loro posizioni spesso basate sul vittimismo e su un'insistente richiesta di nuovi diritti».

La politica, sembra spingere in quella direzione, però. «Le politiche europee, ad esempio, sono dettate dai Paesi nordici, dove le teorie gender fanno molta più presa. E curioso: nelle culture mediterranee, persino sotto il fascismo, l'omosessualità non è mai stata condannata in modo sistematico. Lo è stata invece nella liberale Inghilterra e nei Paesi del Nord, come in Germania e Olanda. Ora questi Paesi pretendono che le culture mediterranee si adeguino a ciò che loro, in passato, non hanno fatto. Curioso, no?».

di Francesco Borgonovo - La Verità 26/01/2019

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