mercoledì 1 febbraio 2023

In memoria di Giovanni Cantoni

Pubblichiamo la magnifica relazione che don Roberto Spataro ha pronunciato in occasione dell'incontro in memoriam di Giovanni Cantoni, tenutosi a Portici (Na) il 20 gennaio 2023, a tre anni dal transito.

Gentilissime Signore e Illustri Signori,
Cari Amici,
è per me un grande onore poter prendere la parola in questo consesso, qualificato dalla presenza di autorevoli professionisti e di convinti credenti, nel ricordo devoto, affettuoso e pensoso del prof. Giovanni Cantoni che tanto ha inciso sulla vita di non pochi di voi. In un certo senso, molti di voi sono, per adoperare un’espressione cara alla tradizione salesiana, buoni cristiani e onesti cittadini perché sono profondamente e sinceramente “cantoniani”. Vorrei articolare il mio intervento aprendolo con una nota autobiografica e poi indicare un tetralogo, se così posso dire, che scaturisce dal magistero di questo pensatore eminente all’interno del panorama della cultura cattolica della seconda parte del XX secolo e del primo decennio di quella successiva, pur consapevole che le considerazioni che condividerò hanno, da una parte, il limite di una conoscenza solo essenziale del suo insegnamento, ma d’altra parte, proprio per questo, una sorta di “innocenza” critica nel valutarne il significato e l’impatto nel vissuto ecclesiale e, più ampiamente, culturale dell’Italia, e non solo del nostro paese, nell’arco di tempo che ho ricordato.


Ho avuto il privilegio di conoscere personalmente il prof. Giovanni Cantoni in occasione della celebrazione di alcuni capitoli nazionali svoltisi a Roma, se ricordo bene nell’anno 2004, nell’anno 2012 e in quello successivo. Lo ascoltai con profonda attenzione e mi intrattenni in brevi, eppure intense, conversazioni. In una di queste occasioni, la seconda per l’esattezza, mi colpì, tra le altre cose, il fatto che, dopo aver parlato da Maestro per due ore dinanzi a un uditorio che pendeva letteralmente dalle sue labbra perché il suo eloquio conquistava, come un allievo ossequioso volle prestare atto di deferenza al sacerdote che lo aveva ascoltato e che ora riporta tale testimonianza. Quella profonda modestia, che nasceva da ragioni soprannaturali, mi diede subito il senso di trovarmi dinanzi a un uomo di grande caratura spirituale.
Aggiungo che in un certo senso, allorché lo incontrai, non senza curiosità, mi sembrò di averlo già conosciuto, non solo per la frequentazione di letture dei suoi scritti, soprattutto articoli apparsi su Cristianità, rivista che ho iniziato a leggere negli anni del Liceo, quando a Potenza operava un coraggioso manipolo di giovani militanti che diffondeva il periodico con indomabile tenacia, ma anche perché nella personalità dei singoli sodales di Alleanza Cattolica con cui ho avuto una maggiore vicinanza ho ravvisato la paternità culturale del Fondatore e Maestro, come se questi fosse il ”manuale” e quelli i suoi “approfondimenti monografici”. Persino alcuni elementi del profilo comunicativo del prof. Cantoni si sono riprodotti nello stile di molti dei suoi discepoli. Conoscendo loro, insomma, imparavo a conoscere lui. Ça va sans dire, la lettura dei saggi del prof. Cantoni – ricordo ancora le serate trascorse a sottolineare la sua Introduzione a Rivoluzione e Controrivoluzione che per me studente liceale e giovane seminarista studente di filosofia risultò fondamentale – suscitava in me ammirazione per la lucidità delle analisi condotte su svariati argomenti di storia, politica, filosofia, teologia, spiritualità, e convinta adesione alle tesi che vi erano argomentate. L’aforisma “chi sbaglia storia, sbaglia politica” mi ha sempre accompagnato da quegli anni oramai lontani che, proprio perché tali, mi consentono di esprimere con sufficiente consapevolezza gratitudine al buon Dio perché la mia vita si imbatté, in un periodo così decisivo quale quello della formazione intellettuale, in un pensatore di tale vigore.

Ed eccomi a proporvi un “tetralogo” cantoniano, filtrato dalla mia sensibilità di pensiero e di azione, di pastore e di studioso, per quanto modesto. Abbiate la benevolenza di accogliere le mie parole anche se vi sembreranno inadeguate a onorare la memoria di questo grande uomo.

1 - Un buon principio ermeneutico. Quando ho iniziato lo studio della teologia, ci è stato insegnato che i dati della Rivelazione, molteplici e variegati, persino apparentemente contradditori, hanno bisogno di un duplice principio unificatore, l’uno interno alla Rivelazione stessa, l’altro esterno ad essa, desunto da una buona filosofia. Il primo è chiamato principio architettonico, il secondo ermeneutico. Ed è proprio la varietà dei principi architettonici e soprattutto ermeneutici che vengono di volta in volta adottati, che spiega la pluralità dei modelli teologici. Se sbagli principio ermeneutico, la teologia diventa cattiva e i suoi maestri pessimi. Analogamente alla teologia anche la storia necessita di un principio ermeneutico che dia ragione della inesauribile congerie di fenomeni, fatti ed eventi che appaiono alla lente dello storico. Il prof. Cantoni ha scelto con limpida persuasione e solida fondazione lo schema del pensiero controrivoluzionario, a lui certamente precedente, ma da lui non solo diffuso in una temperie storica orientata in tutt’altre direzioni ma anche adattato alla situazione italiana e costantemente aggiornato. Esso funziona molto bene per leggere la storia e scoprirne le forze più intime e nascoste sicché i fenomeni, ricondotti a questo schema di pensiero, si rivelano non più frammentari ma parte di una totalità. Il prof. Cantoni è in ottima compagnia: tra gli altri, anche il biografo di don Bosco, Giovan Battista Lemoyne, introdusse il primo volume delle Memorie Biografiche del santo, inserendone la vicenda nel contesto storico-geografico del principio del secolo XIX letto proprio secondo lo schema controrivoluzionario. E quanto don Bosco scrisse la sua fortunatissima “Storia d’Italia” a tale visione aderì. Certamente, anche altri principi ermeneutici possono risultare efficaci per passare dalla storia alla filosofia e alla teologia della storia: Agostino, per esempio, nel De civitate Dei adopera lo schema binario amor sui, amor Dei. Eppure tutti consentono la reductio in unum del molteplice e, senza essere in contraddizione tra loro, permettono un approccio autenticamente scientifico, come si suole dire, alla storia. Il pensiero controrivoluzionario è tuttavia, proprio come ci ha insegnato il prof. Cantoni, più di un principio ermeneutico. E vengo al secondo punto del tetralogo.

2 - Il pensiero controrivoluzionario è una spiritualità, se per essa intendiamo una modalità di vivere il Cristianesimo. Essa forma anime militanti che intraprendono il combattimento spirituale, formando se stessi, plasmando il proprio carattere, reprimendo le radici dei vizi, triste eredità del peccato originale, coltivando le virtù, praticando la pietà, fino ai suoi gradi più elevati, nutrita di solido fondamento eucaristico e di onnicomprensiva devozione mariana, alla scuola di dottori della chiesa, dichiarati e non, della levatura di Ignazio di Loyola, Luigi Grignon de Monfort, Jean-Baptiste Chautard. Il pensiero controrivoluzionario entra nell’anima, sicché i suoi militanti assumono seriamente il grande affare della propria santificazione, considerata non solo la finalità alla quale ordinare l’esistenza personale, ma anche la condizione irrinunciabile e preliminare per operare l’evangelizzazione delle singole persone e degli ambienti. Questo tratto “mistico” del militante controrivoluzionario è – oserei affermare – ancora più urgente oggi, quando il canto delle sirene del relativismo dottrinale è penetrato persino all’interno della Chiesa e un supplemento di illuminazione dello Spirito Santo è richiesto per discernere il vero dal falso, almeno sul piano contingente, senza avere più con certezza la garanzia dei pronunciamenti magisteriali. Penso che sia riuscito a comunicarvi, cari amici, con la mia ultima affermazione, la necessità di una vita santa e pura per evitare lo scoraggiamento e per rimanere controrivoluzionari, serenamente consegnati alla Provvidenza divina, nonostante quello che accade nella Chiesa e, dunque, anche in associazioni che pure si ispirano al pensiero controrivoluzionario. Chi ha avuto tra voi il privilegio di conoscere un po’ dell’intimità del prof. Cantoni, ha goduto della percezione di come le virtù teologali, e dunque la fede e la speranza, operassero nella sua anima.

3 - Contemplata aliis tradere. Saper comunicare. Il prof. Cantoni è stato uno straordinario oratore, una di quelle persone che staresti ad ascoltare per ore, e uno scrittore dalla prosa curata nell’argomentazione e nella forma. Paradossalmente, la schizofrenia della società attuale si rileva pure dal paradosso della disponibilità di strumenti comunicativi sempre più avanzati tecnologicamente alla quale si oppone e in stridente contrasto la qualità del pensiero da comunicare che ci appare in caduta libera al punto che la vacuità ha soppiantato persino i cattivi insegnamenti: nichilismo pure, non si comunica più niente, certamente non idee, al massimo emozioni, e sembrerebbe che l’uso smodato dei social sia un disperato tentativo di riempire questo vuoto di idee. Una semplice passeggiata virtuale su una delle piattaforme dei social non può che lasciarci basiti per l’infimo livello al quale l’homo insipiens è giunto. In questo desolante deserto, appare davvero alternativa la scelta esemplare del prof. Cantoni: saper che cosa dire, perché dirlo, come dirlo, quando dirlo, a chi dirlo. Del suo stile comunicativo, soprattutto quello orale, tralasciando gli altri innumerevoli pregi, vorrei soffermarvi su una qualità tutt’altro che secondaria: la gentilezza, a cominciare dal rispettoso appellativo “lor signori” da lui costantemente adoperato. La gentilezza non è solo efficace per rendere l’interlocutore disponibile sin dal principio della comunicazione, è molto di più. Con Francesco di Sales, diremmo che la gentilezza è la porta che apre la casa della carità, abitata dalla verità. Il prof. Cantoni può essere associato a quegli antichi gentiluomini che suscitavano rispetto e ammirazione perché la loro nobiltà era soffusa di mansueta umiltà che ne aumentava la grandezza rendendola amabile e attraente, non allontanava, ma avvicinava e talvolta rapiva. Queste virtù non si improvvisano, come talvolta ci accade di assistere, quando alcuni uomini di Chiesa goffamente vogliono sembrare umili senza esserlo, ma nascono da un’anima che contempla lo spettacolo del mondo sub specie aeternitatis e pertanto fioriscono spontaneamente. Insomma se prima di agire occorre essere – secondo l’assioma della philosophia perennis -, prima di comunicare bisogna essere autenticamente umili. Dall’umiltà nasce anche la gentilezza cantoniana, estesa anche agli avversari nel pensiero.

4 - I numeri giusti. C’è un episodio della Sacra Scrittura che mi ha sempre fatto pensare. Il santo monarca Davide ne ha combinate di tutti i colori e, pentito, è sempre ritornato a Dio con cuore contrito. Una volta – permettetemi l’espressione un po’ pittoresca – ha fatto proprio perdere le staffe al buon Dio, quando si è messo in testa di voler censire gli abitanti del Regno, consapevole, sotto sotto, che essi erano orami tanto numerosi da autorizzargli un’inautorizzabile superbia. E la punizione correttiva è arrivata e Davide ha compreso che i grandi numeri ingannano. Il prof. Cantoni ci ha insegnato una buona matematica spirituale: un solo ottimo militante vale quanto e più di mille simpatizzanti che pure vanno accolti e sollecitati. Da profondo conoscitore dell’animo umano e, pertanto, dei dinamismi che attraversano le vicende della storia, ha compreso la forza controrivoluzionaria delle élites, alla cui formazione si è dedicata con la passione a voi ben nota. Non si è preoccupato di moltiplicare tessere o di riempire le piazze, ma di plasmare le menti dei singoli alla verità e le loro anime alla bontà. E biblicamente ha visto giusto. Del resto, colui che è, a mio avviso, il più grande maestro dell’epoca contemporanea, Benedetto XVI, il cui dolce nome riecheggia nella denominazione “Opzione Benedetto”, ha parlato in modo ispirato del ruolo che le minoranze creative hanno e avranno nella ricostruzione di un tessuto sociale sanamente ancorato alla legge naturale e all’insegnamento cristiano, alla composizione di una rinnovata Christianitas che ricostruisca le cattedrali e le università che salveranno gli uomini dalla barbarie della dittatura del relativismo e dal neopaganesimo della cancel culture. Robustezza di motivazioni, vivacità nell’azione, disponibilità alla militanza, sono queste alcune delle caratteristiche delle “minoranze creative”, una categoria desunta dal pensiero di Arold Toynbee ed applicata dall’allora cardinal Ratzinger alla rievangelizzazione dell’Europa secolarizzata e, con il professor Cantoni, diremmo anche della “Magna Europa”. Pensando alla storia della Chiesa, ci accorgiamo che minoranze creative hanno effettivamente rigenerato il tessuto ecclesiale e apportato un benefico influsso sulla società intera, in momenti di crisi profonda ed estesa dei valori e dei costumi. Ad altiora, amici carissimi!

Concludo. Quando Jean-Baptiste Huet, erudito francese del secolo XVII, concluse la sua monumentale biografia su Origene, confluita successivamente nella gloriosa collezione patristica del Migne, pur senza prendere posizione netta sul pensatore cristiano del III secolo, da sempre oggetto o di lodi sperticate o di asperrime accuse, volle rendere equamente giustizia alla grandezza dell’Alessandrino citando i nomi dei suoi migliori discepoli che illustrarono la storia della Chiesa con il martirio e con il magistero esegetico e dogmatico. Sì, la grandezza di un autentico Maestro si rivela nella statura elevata dei suoi discepoli. La presenza di ciascuno di Voi, cari Amici, e di tutti coloro che al pensiero e alla testimonianza di Giovanni Cantoni si rifanno, lasciandosi da essi ispirare, è la conferma più convincente della sua straordinaria importanza nella storia del Cattolicesimo sociale della nostra epoca.

Dixi
. Ingentissimas vobis gratias ago.

Nessun commento:

Posta un commento