sabato 16 dicembre 2023

Meditazioni per la Terza domenica di Avvento

Uniamoci all'Apostolo S. Paolo, prostrato innanzi all'Eterno Padre, per sollecitare in favore dei fedeli di Efeso una conoscenza sempre più profonda di Gesù Cristo e del suo amore, conoscenza che supera ogni scienza. Desideriamo ardentemente per noi questa divina conoscenza, e domandiamo a Dio, per l'anima nostra con tutto l'ardore dei nostri sospiri, dicendo: Signore, fate che io vi conosca, finché vi ami.


I. Non vi è studio più nobile e più degno per l'uomo che quello del mistero dell'Incarnazione. - Si trovano in realtà in questo mistero tutte le perfezioni di Dio, e tutte le perfezioni della creatura unite insieme; poiché il Verbo Incarnato consustanziale al Padre, è come lui infinitamente perfetto; e consustanziale a noi, è adorno di tutte le perfezioni, di cui Dio nell'ordine naturale di Provvidenza può arricchire una creatura. La stessa SS. Triade ne è deliziata, e se ne compiace trovandovi per sé una gloria infinita; mentre il Paradiso vi trova la sua gioia, il suo tesoro, il soggetto delle sue lodi, ed esclama: Gloria a Dio nel più alto dei Cieli. Si può quindi dare per l'intelletto umano altro studio più degno? Noi amiamo conoscere gli uomini illustri, ed avremmo a vergogna ignorare l'origine e la storia delle loro grandiose gesta; ed il Verbo incarnato, la gloria e l'onore della nostra natura a lui unità ipostaticamente, lui nostro redentore e salvatore, nostro re e maestro, e nello stesso tempo nostro fratello, coerede insieme e compartecipe del regno dei cieli, non ci curiamo di studiarlo, oppure lo studiamo così poco e così poco lo conosciamo da meritarci il grave rimprovero che S. Giovanni faceva ai Giudei: Egli è in mezzo a voi, e voi non lo conoscete! Se Mosé diceva a se stesso, parlando del Roveto ardente: Andrò e vedrò questa grande meraviglia, come noi non diciamo a noi stessi: Vogliamo studiare per conoscere sempre più la meraviglia superiore ad ogni altra meraviglia, la meraviglia del Dio immutabile per essenza che comincia ad essere quel che non era; la meraviglia del Dio che resta qual’è, senza niente perdere della sua maestà e della sua gloria, facendosi uomo e appropriandosi le umane miserie; la meraviglia del culto supremo riservato sino allora a Dio solo, e adesso resto ad un Uomo-Dio, non solo dagli uomini ma dagli stessi Angeli, che adorano in lui la debolezza onnipotente, l'eterno nato del tempo, l'infinito ristretto in un piccolo spazio, l'autore del mondo disceso tra le sue opere e divenuto come la più meschina delle medesime? Vogliamo contemplare e studiare il Creatore nella sua creatura, il cielo nella terra, la gloria somma nella ignominia, l'infinita ricchezza nella povertà, l'immortalità della morte, e, meglio ancora, la vita divina nell'umana, le perfezioni del Cielo visibili in terra, la più profonda umiltà nella più sublime altezza, l'abnegazione di sé nella divinità, il sacrificio incomparabile in colui al quale è dovuto ogni sacrificio? Perché non imitiamo S. Paolo che faceva di Gesù Cristo il suo continuo studio e la sua unica scienza? Conoscere Gesù Cristo, ecco tutta la sua ambizione e la sua gloria! e dopo questa divina scienza tutto il resto gli sembrava piuttosto una perdita, che un guadagno. Stimiamo noi così lo studio e la conoscenza di Gesù?

II. Non vi è studio più utile di quello dell'Incarnazione. Dio ci ha dato tutto in Gesù Cristo; e perciò questo mistero è un tesoro inesauribile di ricchezze di beni spirituali. Ma un tesoro non produce che in quanto si possiede; e non si possiede, nel mistero della Incarnazione, che in quanto si studia e si approfondisce. Infatti con questo studio si impara ad amare Dio Padre che ci ha dato il suo Figlio, si impara ad amare suo Figlio che si è dato a noi, lo Spirito Santo che ha operato questo mistero del seno di Maria, e Maria stessa che vi ha sì divinamente cooperato. Più si studia questo gran soggetto, più il cuore si accende di amore; e non si vorrebbe più vivere che di amore per Dio, che ci ha tanto amato. Studiando questo mistero si impara a giudicare sanamente di tutto, perché vi si conoscono i giudizi e gli apprezzamenti di Gesù Cristo, regole infallibili del vero; si impara a far santamente tutte le cose, perché si mettono dinanzi agli occhi gli esempi dell'Uomo-Dio, tipo adorabile del bene. Se si vuole adorare Dio, lo si adora perfettissimamente, unendo i nostri omaggi a quelli del Verbo incarnato, che li divinizza presentandoli al Padre improntati della dignità della sua per persona. Se si vuole qualche grazia, si depone la preghiera nel cuore del Verbo incarnato, che le comunica la onnipotenza del suo intervento sul cuore di Dio. Finalmente studiando questo mistero, la virtù si mostra sì bella, così affascinante che l'uomo l'abbraccia con entusiasmo e con gaudio trovandone la pratica quanto facile altrettanto dolce, perché dice a se stesso: il mio Dio non mi domanda niente che egli per primo non abbia fatto; potrei lamentarmi che egli domandi troppo? Tali sono i preziosi vantaggi che offre lo studio di questo mistero. Ne abbiamo noi approfittato sinora? Lo studiamo con amore nel Vangelo, negli scritti di S. Paolo e degli Apostoli, nelle opere ascetiche, che ne descrivono la grandezza e la magnificenza?

tratto da: Hamon-Bertola, Meditazioni e colloqui eucaristici.

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